Dopo un anno molto difficile, cominciato con la perdita di una persona fondamentale nella mia vita e arrivato a luglio con un anno di lavoro buttato nel cestino, ho deciso che ogni attività professionale svolta fino all’inizio dell’estate dovesse essere messa da parte per un po’.
Così, grazie a un caro amico in Sardegna, a Porto Rotondo, ho trovato imbarco su un natante in charter come comandante, sebbene di fatto, il marinaio sarebbe la definizione a mio avviso più appropriata, vista la varietà di cose che si è chiamati a fare durante il giorno in aggiunta alle responsabilità del mezzo e delle persone.
Un’esperienza che mi permette di vedere giorno dopo giorno e cliente dopo cliente, aspetti del diporto nautico che non conoscevo, a cominciare dalla gestione della barca in assoluta indipendenza.
A bordo sei solo e qualsiasi cosa accada devi risolverla da solo. Tutto questo su un mezzo che in fondo non conoscevo, anche se, dopo qualche uscita posso dire di avere un’idea abbastanza chiara dei suoi pregi e dei suoi difetti.
Il lavoro del marinaio a bordo di una barca in charter è un’attività da giovani, di questo ne ho la certezza, i ritmi sono spesso serrati e l’agilità e velocità sono essenziali per evitare danni.
Le persone che ospiti si aspettano di poter stare tranquilli in barca, seguiti come è giusto che sia in circostanze simili. Questo può apparire un aspetto scontato, ma non lo è affatto, perchè ogni cliente ha il suo modo di sentirsi seguito e rispettato, ogni cliente ha il suo modo di porsi nei confronti del marinaio e si aspetta, secondo la sua visione, un rapporto personale soddisfacente. Chiaramente, ci sono componenti caratteriali di ognuno di noi che possono piacere o non piacere, ma a mio modesto avviso se si ha chiaro in mente che la psicologia di ognuno va rispettata e che a doversi adattare non è il cliente, il più è fatto. Chi sceglie di noleggiare una barca con il marinaio spesso è un ex armatore se non addirittura un armatore che tiene la barca altrove, quindi, sarà più attento di altri a osservare come si gestisce ogni cosa. Questo non significa che sia necessario sentirsi giudicati a priori. Per due giorni ho avuto a bordo una famiglia il cui padre sicuramente ha una grande esperienza da armatore.
Questo per giunta è accaduto proprio durante la mia prima vera uscita, sebbene ne avessi già fatta una, ma molto semplice. La mia insicurezza dovuta alla scarsa conoscenza della barca, unitamente alla tensione connessa con l‘inizio di un’esperienza simile, molto diversa da come ho gestito le imbarcazioni sin qui, sempre in compagnia di altri partecipativi, mi ha sicuramente condizionato. Nonostante ciò, l’ospite “giudicante” oltre a essersi dimostrato comprensivo è stato anche molto cortese nell’offrirmi un po’ di supporto pratico. Segnalo questo aspetto collegandomi a quanto detto in precedenza circa la gestione dei rapporti personali in situazioni simili. Se si comprende il rapporto tra le parti in modo corretto, rispettando il ruolo di ognuno, da entrambe interviene la volontà di offrire il proprio ausilio affinchè tutto possa andare nel modo migliore. L’obiettivo comune è trascorrere una giornata, di vacanza da una parte e una di lavoro dall’altra, nel migliore dei modi. Chiaramente parliamo di persone intelligenti, il che non è sempre scontato che s’incontrino, io finora sono stato fortunato.
Questa del “marinaio per una stagione” è un’esperienza molto interessante, che mi permette di affrontare un progetto in essere per la prossima stagione lavorativa (sebbene la mia dal 15 e 16 agosto dello scorso anno non sia ancora finita…), avendo una conoscenza più approfondita del rapporto tra gli armatori e i diportisti più esigenti con le barche e gli addetti ai lavori. Questo è un aspetto che mi mancava, mi sono sempre relazionato con i cantieri, i tecnici e gli armatori in un modo diverso e il rapporto era ovviamente condizionato dal fatto che io fossi l’esperto del settore da un punto di vista prettamente giornalistico e tecnico. Essere presentato come il marinaio lascia alle persone la libertà di esprimersi anche su temi a me molto noti, ma il fatto che il marinaio non sia tenuto a conoscere la storia di un cantiere navale, di una barca in particolare e tanti altri dettagli con i quali da giornalista del settore in realtà mi confronto ogni giorno, lascia all’armatore che ha deciso di noleggiare la barca la libertà di esprimere la sua conoscenza. Come sempre accade quando qualcuno racconta e si racconta, si raccolgono elementi e sfumature che possono risultare preziose. “C’è sempre da imparare” è un adagio che non andrebbe mai dimenticato, neanche a 52 anni di età.
Ad alcuni sembra “strano” che un 52enne professionista si metta a fare il marinaio per una stagione. Trovo, in un mondo come il nostro, abbastanza paradossale che si consideri un lavoro poco edificante per una mera ragione di etichetta. Forse non sono tanti quelli che fanno una stagione da marinaio alla mia età e con un’attività professionale in piedi da 20 anni, ma questo non significa che sia squalificante, anzi, il punto di osservazione che mi offre mi sta regalando una gran quantità d’informazioni che mi mancavano e mi torneranno utili per quanto farò in seguito.
L’importante a mio avviso, è dare seguito alle proprie passioni e seguirle, io vivo di mare da ormai 36 anni e certo non avrei potuto pensare di andare a fare la guida alpina per distrarmi dalle mie attività usuali.
Sono certo che, se uno dei progetti sui quali lavorerò da settembre prenderà il via come annunciato dalla produzione, quest’estate sarà stata per me preziosa per raccogliere informazioni, dettagli ed elementi che altrimenti non avrei mai potuto avere nel mio bagaglio esperienziale.
Sebbene non sia autorizzato a parlare del progetto, spero vivamente che sarà tutto più comprensibile (per chi è interessato…) quando sarà reso pubblico, perchè qualcuno mi ha dato del matto.
Ho la fortuna di lavorare in modo più costante con due testate, BARCHE e PRESSMARE, insieme a persone davvero straordinarie per capacità di partecipazione e supporto quando necessario. Ma non è a loro che devo dire grazie per avermi spinto a fare quest’esperienza, se i miei rapporti professionali fossero tutti come quelli con Franco, Barbara, Anna e Andrea di BARCHE e Fabio di PressMare, non avrei sentito la necessità di prendermi una “vacanza” dal mio lavoro.