Da qualche giorno sui social impera sovrana la notizia dell’addio al calcio giocato di Francesco Totti: commenti, video in diretta, video fatti con telefoni che riprendono altri video proiettati da altri, audio, parole.
Non è questo a colpirmi, o meglio, mi ha colpito ma positivamente perché sebbene non abbia mai comprato una copia di un giornale sportivo, non segua il calcio se non di rimbalzo per ciò che sento intorno a me, Francesco Totti l’ho sempre ritenuto un esempio di fedeltà al suo sogno infantile, alle sue speranze di ragazzo e coerente da uomo a tutto questo. Ora mi chiedo, da non tifoso e per giunta da laziale, tutti quelli che anche oggi sentono il bisogno di esprimere sui social frasi “ora capisco perché l’Italia è ridotta così”, oppure “dopo lo spettacolo di ieri è chiaro che l’Italia non potrebbe stare meglio”, o ancora “non si parla altro che di Totti, se leggo cosa scrivono i miei contatti non posso che comprendere che l’Italia non ha speranze” e altri che non cito per noia, possono dire di sé altrettanto?
Credo che se in ognuno di noi albergasse il 10% dell’attaccamento alla maglia della Roma di Totti in forma di attaccamento al nostro Paese la corruzione scenderebbe drasticamente, dalle sue forme più “banali” come la raccomandazione a quelle più complesse come i fiumi di denaro. Con questo non sto qui a osannare Francesco Totti ma a dire che sicuramente è un esempio di fedeltà, tenacia, intraprendenza, coraggio, serietà, amore. Retorica? Forse sì, è la retorica che secondo me merita una persona che dalla vita ha avuto la fortuna di realizzare i suoi sogni grazie anche alle doti di cui sopra, la retorica che merita chi ha dimostrato di essere dotato di ironia anche verso di sé quando lo prendevano in giro per il suo italiano e le sue uscite. Quell’ironia che manca a tanti che sentono oggi il bisogno di esprimere commenti del tutto fuori luogo, intrisi di un’incomprensibile acredine verso chi dovrebbe solo essere un esempio positivo e non altro, con i suoi errori di gioventù (sul campo di calcio), ma perdonate l’opinione, ritengo che chi da giovane non commette errori vive a metà.
Tutto qui, leggere i post di questi signori che si ergono a giudici esprimendo orgoglio per non essere tifosi di calcio, come se questo significasse essere migliori, mi ha fatto venire voglia di dire: “Io non sono un tifoso, non seguo il calcio e non ho mai comprato una copia di un giornale sportivo, per giunta sono sempre stato simpatizzante della Lazio perché mio nonno lo era, mia nonna, mia madre, mio suocero, mio cognato e anche mia moglie, tutti simpatizzanti della Lazio, così come tanti cari amici che dall’infanzia mi hanno accompagnato fino a questi 50 anni. Non seguo le partite e non conosco la tecnica del calcio, quindi non mi fermo a parlarne, per me la giornata calcistica inizia e finisce con due numeri da cui capisco se la squadra per cui simpatizzo ha vinto o perso e basta, anzi, spesso lo vengo a sapere il giorno dopo la partita. Per questo dovrei sentirmi migliore di milioni di persone che hanno invece questa passione? Per questo dovrei ritenere che il problema dell’Italia è la diffusa passione per il calcio e non la cultura della corruzione terribilmente distribuita sul territorio? Per questo dovrei sentirmi autorizzato a pensare che se tanti perdono tempo dietro al calcio non hanno tempo di coltivare le cose nobili ed elevate che coltivo io (che poi…mi dovete dire quali sono)? Per questo dovrei approfittare del saluto di un campione che non è stato solo un gran calciatore che vedere giocare è piaciuto anche a me quelle poche volte che l’ho fatto, che ha sempre dimostrato di essere un esempio per tanti giovani per la serietà professionale, la generosità e l’ironia, tutto questo dovrei coglierlo come pretesto per rivendicare la mia superiorità in quanto non tifoso dunque migliore? Ma davvero basta non tifare una squadra di calcio e seguirne le sorti, arrivando a dedicare ognuno a suo modo un saluto a chi per oltre 20 anni è stato protagonista positivo di questa storia, per essere migliori della media? Allora non ho davvero capito nulla, lo confesso, perché nonostante non sia mai stato un tifoso continuo a sentirmi come tutti gli altri, forse solo un po’ più irritato della media dalla presunzione e l’arroganza tipica di certi salotti radical chic, ma questa è una patologia incurabile mi hanno detto, dunque mi rassegno”.
A Francesco Totti mi piacerebbe poter dire che ha dato tanto avendo sempre saputo che prima o poi il 90′ sarebbe arrivato, ma ora la partita è molto più lunga e da dare c’è forse anche più di quanto ha fatto sinora.
Auguri.