Dopo un lungo periodo di silenzio ricomincio a postare i miei pezzi sulla nautica da diporto.
Sono appena rientrato dai tre saloni d’autunno più importanti, il Cannes Yachting Festival, il Salone Internazionale di Genova e il Monaco Yacht Show.
Tre eventi tra loro molto diversi per tipologia di barche, format espositivo, ubicazione nonostante la vicinanza geografica. Tante barche, tanta gente che le ha visitate e anche numerosi contatti e contratti, insomma, una stagione fieristica all’insegna del mercato ritrovato. Per tale motivo voglio soffermarmi sul Salone di Genova.
©Angelo Colombo
Ritengo che in un momento in cui il mercato torna a dare un po’ di speranza sia necessario fermarsi a riflettere su cosa sia realmente necessario per il comparto industriale e cosa soprattutto non lo è. Credo innanzi tutto che la diatriba tra le due associazioni di settore a questo punto andrebbe risolta e anche rapidamente, quantomeno con una soluzione che sia in grado di rappresentare le istanze del comparto presso le sedi della politica in modo univoco seppur come frutto di dialoghi tra due entità. Solo così si può auspicare un’attenzione da parte della politica che permetta al settore di trovare riscontro alle sue richieste, che per inciso, sono sempre tese a garantire il mantenimento in salute di un settore industriale da cui storicamente è sempre derivato un importante valore di P.I.L. e soprattutto un riscontro occupazionale non trascurabile.
Torniamo al salone di Genova, che per la prima volta dopo anni ha fatto registrare tante presenze italiane e internazionali sia tra gli espositori sia tra i visitatori. Naturalmente non sono mancate le polemiche, prima innescate da chi contestando il salone ha dichiarato anche pubblicamente e di fronte alla stampa internazionale che andare alla kermesse genovese sarebbe stata solo una perdita di tempo, poi, da chi ha preso atto che il risultato è stato superiore alle aspettative di tutti – comprese le mie, lo confesso, nonostante il mio inguaribile ottimismo – ma soprattutto dei dissidenti. Eventi fuori salone nella stessa Liguria realizzati da chi ha ritenuto il Nautico un evento non degno, talvolta identificando anche nel periodo e nella località i grandi difetti dell’evento. Una situazione che chiaramente ha altrove le sue origini, forse nelle stesse questioni che riguardano la nascita un anno fa circa di Nautica Italiana, quale associazione antagonista a UCINA. Rimane un fatto che l’edizione 56 del salone genovese ha fatto registrare dati incoraggianti, così come un fatto è che Genova a oggi non ha alternative degne, ossia, una fiera internazionale sul mare capace di rappresentare l’intero comparto industriale anche presso il pubblico e la stampa esteri. Tutto si può realizzare certo, ma prima di cancellare bisogna aver creato l’alternativa ed essersi assicurati come industria la possibilità di offrire al proprio mercato, che rammentiamo essere stato di riferimento per decenni, un luogo nel quale mettere in mostra e magari presentare in anteprima mondiale i propri prodotti. In passato la stampa internazionale veniva a Genova a vedere cosa proponevano di nuovo le nostre aziende, consapevoli che quei prodotti dopo la presentazione nel capoluogo ligure sarebbero arrivati sui loro mercati. Oggi molte aziende prediligono Cannes per presentare le novità, del resto il mercato nazionale ha subito una forte contrazione e questa perdura da ormai qualche anno. Indubbiamente le condizioni del mercato interno, come è ovvio che sia, hanno compromesso anche lo sviluppo del salone genovese, che rammentiamo essere stato considerato per decenni un evento internazionale di riferimento. Cosa significa tutto questo? Che una buona attività associativa dalla quale si ottengono condizioni più favorevoli per il rilancio del diporto come attività ricreativa, produce anche il rilancio della fiera nautica nazionale riportando il salone italiano a occupare il posto che merita, perché in ogni caso, è il salone del primo paese produttore di grandi yacht nel mondo.
©Angelo Colombo
In occasione dei tre saloni di autunno citati in apertura, abbiamo avuto modo di visitare e provare in mare numerose imbarcazioni, alcune delle quali le abbiamo ritrovate negli altri eventi mentre altre si sono limitate a fare la loro comparsa in territorio straniero. Un dato che emerge con forza è che l’industria italiana continua a proporre innovazione e barche sempre più accattivanti sia dal punto di vista funzionale sia da quello tecnologico. La ricerca nonostante la crisi non si è mai fermata, certo non vale per tutti, c’è anche chi ha dato una spolverata a vecchi progetti, un nome nuovo ma comunque evocativo e via. Quel che conta è che c’è da parte di tutti la voglia di ricominciare, di andare avanti e di guardare al futuro mettendosi alle spalle il periodo buio che la nostra industria e l’economia in generale hanno attraversato. Naturalmente a dettare legge non è solo la volontà dei produttori ma soprattutto quella di armatori e appassionati di nautica in genere, i quali, ricominciando ad acquistare barche o anche solo a utilizzarle imprimono una svolta al mercato. Questo sta accadendo, le barche si vendono, ovviamente in modo commisurato al momento, ma il dato è che rispetto ai valori presentati da tutti i produttori fino allo scorso anno, si vede un miglioramento signficativo e soprattutto si ricominciano a vedere investimenti tesi allo sviluppo delle gamme. Un segnale positivo che va colto da tutti come l’opportunità per ricostruire le condizioni di un mercato nazionale capace di garantire il supporto alla nostra industria in tutte le sue sfaccettature, dai produttori di barche e accessori ai fornitori di servizi.
©Angelo Colombo
Qualcuno ha parlato recentemente di un possibile riavvicinamento delle due associazioni, di una possibilità di dialogo da altri invece ritenuta improbabile. Non so quanto sia vera l’una o l’altra cosa, ma so per certo che in molti, associati di una o dell’altra, auspicano di poter essere rappresentati in modo coerente e forte presso le istituzioni per scongiurare per esempio, altri comportamenti scellerati della politica come quelli che hanno allontanato per anni le barche dalle nostre coste. Oppure, per stimolare ulteriormente il mercato, agevolare la pratica della nautica da diporto e mettere in campo quelle azioni necessarie affinché torni a essere un’attività normale, diffusa, appartenente alla cultura italiana e per questo praticata sulle belle e numerose coste che abbiamo, riuscendo magari a continuare a incoraggiare i grandi yacht a frequentare il nostro paese come avvenuto la scorsa estate, dove si sono registrati anche dei record di presenza degli ultimi 20 anni.
©Angelo Colombo